Francesco Costantino Marmocchi nacque a Poggibonsi il 26 agosto 1805
La famiglia Marmocchi, radicata da tempo a Poggibonsi, era tra le più “ragguardevoli del paese”, ma agli inizi dell’800 aveva avuto delle difficoltà, tant’è vero che Giulio, padre di Francesco Costantino, aveva accettato un incarico non certamente consono ad una famiglia benestante: doganiere a Cala del Forno, a vigilare le coste maremmane. Con la famiglia, il piccolo Francesco Costantino, seguì il padre, appunto nella Maremma toscana, dove, vivendo a contatto con la natura (compito principale del padre era il controllo del contrabbando sulla spiaggia) mostrava interesse per animali, piante, fenomeni naturali, si trattava più di curiosità che di speculazione scientifica.
Queste osservazioni della natura incideranno sul suo pensiero soprattutto quando, nei frequenti soggiorni a Poggibonsi dallo zio Romolo, speziale, iniziò ad acquisire le prime nozioni sistematiche di scienze naturali.
1825: compiuti i primi studi a Poggibonsi, si trasferì a Siena, dove frequentò lo scuole superiori e l’Università; potè consultare la preziosa biblioteca scientifica senese, attingendo nozioni che, in futuro gli saranno preziose.
1829: pubblicò la prima delle sue numerose opere “Il regno animale descritto secondo le osservazioni de’ più celebri naturalisti”
Aderì convintamente all’ideale mazziniano, la sua abitazione fu la sede della congrega “Giovane Italia”, che annoverava anche poggibonsesi, quali Giuseppe Del Zanna, farmacista e Francesco Marri, mugnaio. Si spostava, per cercare adepti, nella zona compresa tra Siena, Poggibonsi, Chiusi, la Maremma grossetana.
1831: a seguito di una spiata venne arrestato ed imprigionato nel carcere di San Gimignano. Amnistiato dopo circa un anno, ma espulso dal territorio del Granducato di Toscano, se ne andò a Napoli, continuò i suoi studi, diresse una rivista di storia naturale e, presso l’Istituto diretto dal Largerot, tenne un corso di lezione di geografia e storia naturale
Ritornato a Poggibonsi, frequentò a Firenze il Gabinetto Scientifico di G.P.Vieusseux, per dare sistemazione al “Corso di geografia universale“, usufruendo sia dei consigli dello scienziato ginevrino, sia consultando la biblioteca. Il “Corso di geografia generale” lo pose all’attenzione del mondo scientifico italiano. Ma l’opera che più lo rese noto nel mondo scientifico, non solamente italiano, è il “Prodromo di storia naturale generale e comparata”, pubblicato nel 1844.
In questo lavoro, per primo in Italia ed ancor prima di Darwin, trattò l’origine delle specie organizzate, con chiare intuizioni evoluzionistiche e con una trattazione organicamente sistemata, sottolineando l’influenza dell’ambiente sull’evoluzione. Il “Prodromo” precede di ben sei anni la pubblicazione dell “Origine della specie” di Darwin; ovviamente, nelle scienze, come in altre discipline, è molto difficile stabilire chi a certe conclusioni arriva per primo e sarebbe un esercizio scientificamente inutile.
Il Marmocchi scrisse anche e soprattutto per il popolo, varie edizioni delle sue opere, infatti, le troviamo in edizioni modeste, in collane per le famiglie; redasse inoltre testi e piccoli atlanti per le scuole elementari; troviamo sue opere perfino in dispense settimanali, segno, questo, di gran seguito editoriale.
Si avvicinò alla paleontologia, anzi fu uno dei pionieri; disegnò un interessante planisfero con fossili di vertebrati e invertebrati. Nelle sue opere è trattato ogni aspetto delle “scienze”: geografia, archeologia, storia, paleontologia, economia, diritto pubblico e privato, commercio, scienza delle finanze e mercantile, geografia, etnologia. Interessante rilevare come dal Marmocchi la geografia sia intesa in una accezione moderna, non tanto in senso descrittivo, ma piuttosto antropico, geografia intesa prevalentemente come trasformazione evolutiva. Scrisse infatti: “… la storia senza la geografia è muta, come la geografia rimane inerte se non si applica ai movimenti dei popoli”.
Fondò e collaborò a molti giornali risorgimentali:” l’ Inflessibile”, “Il Sabatino”, “Il Popolano”, “L’Alba”, “La Rivista di Firenze”. Di particolare interesse le prese di posizione del Sabatino (che cambierà poi il nome in Il Popolano, per ragione di censura), a proposito della difesa della libertà per gli ebrei in Italia, per le lotte contro il potere dei gesuiti, per la libertà dell’importazione e dell’esportazione dei prodotti. Nel programma del giornale si legge “Occorre dare da lavorare ai poveri, il primo dovere imposto all’uomo qualunque condizione ei si trovi, qualunque sia il grado suo, la sua ricchezza, la sua intelligenza, il primo inalienabile obbligo è di lavorare. Il lavoro fu detto che santifica, macchè il lavoro occorre all’uomo. E la società, tenetelo bene a memoria, non avrà pace, rivoluzioni, sommosse e congiure vi saranno sempre, finchè il povero non avrà lavoro, a cui ha diritto e non già come elemosina precaria ed insultante”
Nonostante la delusione del parziale fallimento dei primi moti degli anni trenta-quaranta dell’ottocento, il Marmocchi, come altri patrioti, non si rassegna, tenacemente cerca di educare le masse popolari con l’azione e con la pubblicazione di opere di varia natura, per tenere vivi i rapporti con il resto dell’Europa, era questo il sogno mazziniano. “I patrioti italiani hanno sempre pensato in termini europei e considerato il futuro dell’Italia nell’ambito e in dipendenza del progresso generale della civiltà europea, da loro identificato con la stessa causa dell’umanità”
Fu attivissimo, come abbiamo visto, tra i patrioti seguaci del Mazzini e tra i mazziniani si distinse come tra i più intransigenti, partecipando anche ad alcuni atti di sabotaggio ed attentati. Nella sua azione politica, sin dall’inizio, si trovò a fianco del Guerrazzi e del Montanelli, con i quali si incontrò, più di una volta a Siena, a Firenze ed a Livorno, presente anche Giuseppe Mazzini.
Eletto presidente della “Congrega mazziniana della Provincia di Siena” con il nome “di battaglia” di Farinata degli Uberti. A causa della una spiata di un poliziotto delatore, fu arrestato e rinchiuso prima nel carcere fiorentino del Bargello e poi nel Mastio di Volterra.
A causa delle idee sovversive fu inviato al domicilio coatto a S.Lucchese, dove si ritirò anche il padre, destituito dall’impiego. In questo periodo vive con i miseri proventi delle rare lezioni che impartiva, ebbe allievo anche Pietro Burresi.
A causa dell’immobilità politica dovuta alla costante sorveglianza della polizia, chiese ed ottenne un lasciapassare per uscire dal Granducato di Toscana, lasciò la moglie con il padre ed andò in esilio, prima a Perugia, poi a Napoli.
Continuò gli studi, già avviati, della natura e della geografia descrittiva, umana e commerciale. Ben presto venne ricercato, per le sue idee politiche, anche dai Borboni, riuscì a riparare a Roma, dove a causa dell’imperversare del colera la polizia era meno dura nei controlli. Qui rimase affascinato dagli antichi monumenti classici. Braccato dal governo papalino si rifugiò, in incognito, a Poggibonsi. Poi, il mutare degli avvenimenti politici gli permise di raggiungere a Firenze. Siamo nel 1836, il già ricordato erudito G.P.Vieusseux gli aprì la sua ricca biblioteca.
Questo è il periodo della fondazione dei Circoli Democratici, quale superamento degli ideali mazziniani. Il Marmocchi organizza, nel 1843, il “Circolo del Popolo”, ponendosi, su posizioni estremiste, in antagonismo con il moderato “Circolo Fiorentino”; contemporaneamente fondò il giornale “L’Inflessibile”, il cui nome scopre apertamente le idealità. Oltre a dirigere collabora, con appassionati scritti, alla rivista.
Nel 1848, con il Mazzoni ed altri, accorse in Lombardia per unirsi al battaglione toscano , ma non fecero in tempo a prendere parte alla cruenta battaglia di Curtatone e Montanara a causa di tanti intoppi trovati durante il viaggio. Tornato in Toscana, il Ridolfi, capo del governo, lo fece arrestare. Fu rinchiuso nel carcere di San Gimignano per aver scritto in una lettera “viva la libertà di azione e di pensiero” .
Gli eventi successivi gli garantirono la liberazione, il Guerrazzi lo volle candidato alle elezioni, fu eletto; per iniziativa sempre del Guerrazzi, che aveva chiamato al governo i Democratici, lo nominò segretario del Ministro degli Interni. Scacciato il Granduca e formatosi il Governo Provvisorio Repubblicano (retto dal triumvirato Guerrazzi, Mazzoni, Montanelli) il Marmocchi viene nominato Ministro degli Interni.
Il Marmocchi, nella funzione d Ministro degli Interni, si adopra per emanare decreti che cercano di alleviare le difficoltà economiche delle classi sociali più povere ” Date opera a crear Comitati che si occupino di raccoglier denari ed oggetti per coloro che si mobilizzano, a procurar isscrizioni di Cittadini che si obbligano a soccorrere le Famiglie di coloro che, mobilizzandosi, le lascerebbero nella indigenza… Non trascurate la parte più sensibile della umana famiglia, le Donne…. Operate adunque, operate, ed il Paese, ne siam certi, saprà pienamente corrispondere.
Lì 8 aprile 1849
Cittadino Ministro dell’Interno – F.C.Marmocchi”
Si tratta di iniziative molto simili a quelle che daranno origine alle Società Operaie di Mutuo Soccorso.
Il governo repubblicano ha vita difficile e breve, la popolazione, che aveva accolto favorevolmente la cacciata del Granduca, fa presto a cambiar idea.
Gli avvenimenti successivi, il ritorno e la restaurazione del Granduca, il suo non voler cedere a compromessi, anche in aperto dissenso con il Guerrazzi, lo costrinsero nuovamente all’esilio: prima a Perugia, poi, braccato dagli austriaci, riparò a Roma, dove era in atto la difesa della libertà repubblicana contro le truppe vaticane e francesi. A Roma incontra i patrioti Giuseppe Mazzini e Ugo Bassi, prende parte ai combattimenti, sul Gianicolo, a fianco di Luciano Manara e Goffredo Mameli. Dopo la restaurazione del governo papalino vive senza passaporto, solitario, nascosto, aiutato da alcuni compagni di ideale. Scovato dalla polizia, fu fatto prigioniero dai francesi del Generale Oudinot ed incarcerato. Frattanto il Governo Toscano lo aveva condannato a 20 anni di carcere per attività sovversiva. È il peggior periodo per i repubblicani: Mazzini in esilio, Garibaldi in fuga. Il Marmocchi riesce ad ottenere l’espulsione dall’Italia, grazie al riscatto pagato da un libraio romano; viene inviato, in esilio, in Corsica, conobbe il famoso geografo e letterato Gregoriovus, con il quale aveva anche affinità politiche, quindi dette alle stampe interessanti studi sulla geografia della Corsica.
Quando, nel 1850, Giuseppe Mazzini sta lavorando ad organizzare l’Associazione Nazionale, scrive a Nicola Fabrizi “… il terzo non potrebbe essere egli, il Marmocchi, segretario dell’atto?, se sì, dateci avviso formale, sceglietevi i nomi convenzionali.” Così avvenne, il trio della terra di Toscana era formato da Fabrizi, Guerrazzi e Marmocchi. L’Associazione che prenderà il nome di “Costituente italiana” diretta dal Mazzini, era, segretamente formata da 37 aderenti iniziali
Consapevole che il governo sabaudo garantiva una certa libertà di pensiero e di azione, nel 1852 si trasferì a Genova, dove fu raggiunto dalla moglie e dalla figlia Bianca. Nella città ligure tenne una serie di lezioni all’Università, fu istituita, e dal Marmocchi diretta, la cattedra di Geografia economica e marittima, sullo stesso tema dette alle stampe anche alcune pubblicazioni. Dopo circa tre anni, un nuovo trasferimento, questa volta a Torino. Mentre la figlia si sistemò, sposandosi, a Genova la moglie si spostò nella città piemontese, anche perché non c’era speranza di poter tornare a Poggibonsi, in Toscana aveva subito una durissima condanna, senza appello.
A Torino visse un periodo intenso per lo studio e qui verranno stampate molte sue opere. Nel novembre 1855 Ministro dell’ Istruzione del Governo piemontese invitò, con una lettera che elogiava le sue doti, il Marmocchi a dirigere la cattedra di Geografia, già diretta da un professore che godeva di pessima reputazione; il “nostro” rifiutò l’incarico, con una lettera di intensa dignità, dimostrandosi coerente al suo pensiero ribelle, libero, anarcoide, infatti scriveva: “Il Ministro poteva chiamarmi prima, intrighi grandi vi sono per dare la cattedra a persona che non può legarmi neppure le scarpe, ma che ha una spina dorsale flessibilissima e fatta apposta per le reverenze”, quindi niente raccomandazioni o adulazioni !
Purtroppo si ammalò di epatite. Scrisse alla figlia, che abitava a Genova
Il Marmocchi fu portato a Genova, nella casa della figlia, che aveva un bel giardino. Non uscì più di casa, il male ormai era irreversibile. L’ 8 settembre dice alla moglie “sto scrutinando se mi rincresce o no di lasciare questa vita. La mattina del 9 settembre si mise ad osservare, lungamente, fuori della finestra ed alle persone che gli erano vicine sussurrò “E’ questa l’ultima volta forse ch’io veggo sorgere il sole”
Chiese di non essere più spostato dalla finestra, volendo, fino alla fine osservare il cielo il sole, la natura. Il sole, il cielo, la natura “elementi” tanto attentamente ed a lungo volte studiati, “elementi” osservati attentamente fin da giovinetto in terra maremmana, “elementi” contemplati, al termine della breve vita, nel cielo di Genova “Elementi” vivi e consolatori di certo!
Lo fecero sdraiare sul letto, spostato appunto vicino alla finestra. chiese “un funerale senza prete, senza gente, senza risonanza” Sul fa della sera, spirò: era il 9 settembre dell’anno 1858.
Come la maggior parte degli esiliati, morì in povertà, fu sepolto a spese del Comune di Genova, nel cimitero monumentale di Staglieno, non lontano dalla tomba di Giuseppe Mazzini. A causa degli avvenimenti non si realizzò il monumento che lo stesso Comune aveva deliberato di erigere, segno comunque di una fiducia e di un riconoscimento che la città ligure gli aveva attribuito, per i suoi meriti politici e scientifici.
Il Marmocchi era credente sincero nella libertà, nella unificazione dell’Italia, nel governo repubblicano, credeva fermamente nella emancipazione delle classi umili. Appartenne a quel movimento laico e democratico che anticipava idealmente e nell’azione i movimenti anarco-socialisti e da questa posizione, intransigente, deriva il disaccordo con il Guerrazzi e le idee mazziniane, che, secondo lui, erano poco seguite dal popolo.
Le sue opere, scritte con linguaggio fresco e vivo, con pignoleria costante , sopravvisero alla sua vita, ne sono testimonianza le molteplici edizioni sia dei trattati che degli atlanti
La lettura delle sue opere, oltre ad una serie di notizie scientifiche, e storiche, oltre a messaggi di incredibile attualità , trasmette vere emozioni, e questo, io credo, sia il messaggio più bello e più vivo del nostro concittadino.